Sei mesi dopo l'arrivo negli Stati Uniti, Apple Intelligence diventa disponibile anche in Europa. Con l'aggiornamento iOS 18.4, comparso sugli iPhone il 31 marzo (su iPad c'è iPadOS 18.4 e su Mac, macOS Sequoia 15.4), sarà possibile iniziare ad utilizzare l'intelligenza artificiale generativa integrata nei dispositivi Apple.
Oltre all'italiano, ora supporta anche il francese, il tedesco, il portoghese, lo spagnolo, il giapponese, il coreano, il cinese. Prima di passare a elencare le varie funzionalità, è bene precisare due cose. La prima: arriva solo su alcuni dispositivi, ovvero gli iPhone 15 Pro e tutta la linea di iPhone 16, gli iPad e i Mac con chip M1. La seconda: l'AI creata nei laboratori di Cupertino si differenzia dalle altre per alcuni punti. Punti importanti che sono al tempo stesso un vanto e una croce.
Il vanto.
Sin dai tempi di Steve Jobs Apple ha puntato molto sul rispetto della privacy degli utenti - «Privacy significa che persone sanno per cosa hanno firmato», diceva il fondatore - e negli anni è un concetto entrato nel Dna dell'azienda. I dati però - e lo sappiamo - sono preziosissimi. Specialmente se si parla di intelligenza artificiale, dove quegli stessi dati sono la linfa vitale che permette di addestrare i modelli e, successivamente, di continuare ad allenarli per capire meglio contesto, domande, generazione di risposte. La sfida di Apple era quella di creare un'AI che fosse coerente con la promessa di rispettare la privacy. Il risultato è un insieme di modelli di linguaggio proprietari che funzionano solo ed esclusivamente on-device. E dunque nessuna informazione che viene sfruttata per dare un risultato o capire la domanda lascia l'iPhone, iPad o il Mac.
Con due eccezioni: la prima prevede l'utilizzo di un sistema chiamato Private Cloud Compute. Apple ha costruito dei data center dedicati, sui cui server sono montati chip Apple Silicon e dove i dati entrano ed escono con crittografia end-to-end. Quindi rimangono protetti. La seconda eccezione è esplicitamente dichiarata: quando l'utente pone domande più generiche, per cui i modelli di Apple non sono stati addestrati, si affida a un modello esterno. Ovvero ChatGpt. Per ogni «uscita» viene richiesta l'autorizzazione di condividere i dati con OpenAI. Dati che però sono anonimizzati: l'indirizzo IP del dispositivo viene nascosto, così che non è possibile mettere in correlazione le singole sessioni.
La croce.
Apple ha costruito la sua idea di intelligenza artificiale basandosi sul concetto di «personalizzazione». Quando l'ha annunciata, infatti, ha proprio parlato di «personal intelligence». Nella pratica significa che è un'AI generativa pensata per soddisfare le esigenze del singolo utente. Negli scorsi mesi questa tendenza è stata poi adottata da altre aziende. Per esempio Amazon, che ha annunciato la sua Alexa+ che sarà una versione più intelligente del suo assistente a cui potremo porre domande basate sul nostro calendario, sui nostri contatti, sulle nostre attività domestiche. Per far questo è necessario avere a disposizione una mole di dati sulle abitudini dell'utente stesso e sulle attività che compie sui suoi dispositivi. E una enorme potenza di calcolo per processarli. Qui sta la croce: la promessa di garantire la privacy non prevede che i nostri dati possano lasciare il dispositivo. E per i modelli che vengono oggi distribuiti con l'aggiornamento iOS 18.4 questo può anche bastare. Ma per costruire la nuova Siri di cui Apple ha parlato durante l'annuncio di Apple Intelligence, la situazione si fa più complessa. Siri - che ora diventa già più utile e responsive rispetto al passato - dovrebbe in futuro anche poter monitorare ogni nostra azione sullo schermo. Dovrebbe avere contezza dei nostri contenuti, dei messaggi che leggiamo e scriviamo. Così da poterci assistere davvero in modo personalizzato. Su questo Apple sta avendo molte difficoltà, tanto da aver deciso di ritardare il lancio di quella che sarebbe di fatto la vera AI «rivoluzionaria» con abilità diverse rispetto alle altre.
Cosa può fare per ora Siri.
In ogni caso, Apple Intelligence porta sull'iPhone un ricco «pacchetto» di nuove funzionalità. La maggior parte delle quali è simile, nel concreto, a quelle che ci siamo già abituati ad utilizzare su altre piattaforme. La differenza sostanziale è l'integrazione con il sistema operativo, che ne rende l'utilizzo più immediato e fluido in quanto già incluse all'interno dell'app che abbiamo aperto. Siri, in questo contesto, diventa un assistente a cui si possono chiedere più che altro informazioni sul dispositivo stesso - ad esempio facendosi aiutare a trovare l'impostazione che ci serve - o di attivare una funzionalità (ad esempio una sveglia, un promemoria o una nota). Diventa più facile rivolgersi a lei (o lui, a seconda della voce che avete scelto, ce ne sono quattro disponibili). Ora le si può scrivere, oltre che parlarle: basta toccare due volte la parte più in basso dello schermo e compare la tastiera con cui comunicare. Siri è anche la porta d'accesso alle richieste che vogliamo porre a ChatGpt: ogni volta che si farà aiutare dal modello esterno ci chiederà il permesso. Questa nuova versione dell'assistente digitale di casa Apple non è - come abbiamo detto - ciò che è stato descritto all'annuncio di Apple Intelligence. Ma riguadagna terreno rispetto agli altri assistenti - Assistente Google, che sta confluendo in Gemini, e Alexa -diventando piuttosto efficiente perlomeno nelle mansioni più semplici.
Generazione di testi.
I modelli di Apple Intelligence sono in grado di rielaborare i testi, non di generarli. Per questo - ancora una volta - si affida al modello esterno di OpenAI. La rielaborazione funziona piuttosto bene, e potrà essere integrata su qualunque app per la scrittura che possiamo scegliere di utilizzare su iPhone, iPad, Mac. La troviamo già nelle Note, in Pages, nelle Mail, ma tramite le Api qualunque sviluppatore potrà decidere di inserirla nel suo software. A Apple Intelligence possiamo chiedere di correggere gli errori ortografici, oppure di cambiare «stile» al nostro testo - renderlo più colloquiale o più formale oppure personalizzare la richiesta e formularla con parole nostre. Si può anche chiedere di fare un riassunto oppure un elenco di concetti per punti. Per attivare la finestra di dialogo con l'AI basta selezionare il testo e premere sull'icona dedicata che compare tra le opzioni disponibili (l'icona a forma di «stella» stilizzata con pennino oppure la voce «strumenti di scrittura»).
Estratto da corriere.it/tecnologia 4 aprile 2025