Ottobre 2020: "Da dopodomani i ristoranti, gli alberghi, i negozi e i locali di spettacolo resteranno chiusi; vietati gli assembramenti". Sgomento delle categorie interessate: "E noi che ci facciamo con le scorte alimentari, con il personale aggiuntivo assunto e con i biglietti già venduti?"
Durante tutto il corso degli ultimi due anni, il settore produttivo del Paese, appoggiato da molta parte dell'opinione pubblica, ha costantemente criticato il Governo, o meglio, i Governi che si sono succeduti, per aver preso decisioni immediate e senza sufficiente preavviso sulle misure
ritenute necessarie per contenere l'espansione della pandemia.
Critiche comprensibili, tanto che a un certo punto le variazioni delle regole, rese necessarie dall'aumento dei contagi, si sono fatte decorrere dal lunedì successivo alla data del DPCM.
Ma ciò ha comportato che nell'ultimo fine settimana ancora libero da restrizioni i ristoranti fossero strapieni, si facesse a spallate sui marciapiedi dei centri storici deputati allo shopping e nella romana Campo dei Fiori e sui Navigli milanesi si celebrassero ammucchiate di giovani con lo spritz in mano e intenti a scambiarsi effusioni del tutto normali in periodi normali, ma sicuramente molto pericolose per il contagio. Risultato: una netta impennata dei ricoveri, delle terapie intensive e dei decessi dopo le due settimane di incubazione e di rilevazione. E' il classico "chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti".
Nelle fasi cicliche opposte, quando la pandemia è in calo, gli stessi soggetti si lamentano perché il Governo non ha ridotto le restrizioni una settimana prima dell'inversione della tendenza per consentire la programmazione delle riaperture, come se si trattasse di un evento prevedibile a data fissa.
Ma il maggiore pericolo sta nell'incomprimibile reazione emotiva della gente che, malgrado i ripetuti richiami a "mantenere alta la guardia", interpreta come un "liberi tutti" l'eliminazione dell'obbligo delle mascherine all'esterno o la riapertura delle discoteche. E la televisione mostra i balli di piazza e le discoteche strapiene alla faccia del limite prescritto.
Ed è allora che la natura, che non legge i decreti e che se ne frega se lì c'è scritto che la pandemia è in calo, segue le sue leggi e ti provoca la quinta ondata.
Speriamo che non sia così, ma adesso, ad aggravare la situazione, c'è anche il pericolo rappresentato dai poveri profughi di guerra spesso non vaccinati e che, nel migliore dei casi e alla barba del distanziamento sociale, hanno viaggiato per un giorno e una notte in quindici in uno scompartimento ferroviario per sei persone.
Ma chi ci avrebbe mai detto che a questo punto il Covid-19 lo avremmo dovuto considerare il minore dei mali!
Giulio Nardone